Sulla via del ritorno
Riflettendo sull’atteggiamento degli uomini riguardo alla vita, credo che esista una cosa in comune a tutti: una sorta di necessità di misurare la vita stessa, quasi che misurarla ci permetta di stringerla, di trattenerla.
C’è chi dice “la vita è bella”, e la sua unità di misura sono le circostanze felici che la riempiono.
C’è chi dice “la vita è piena”, e la sua unità di misura sono gli impegni che riesce ad affrontare.
C’è chi dice “com’è vuota la vita”, e come unità di misura ha il successo delle vite altrui.
C’è chi dice “la vita è breve”, e la misura in rapporto alla sua ansia realizzativa.
C’è chi dice “la vita è sacra”, e la misura con i misteri che riesce a scorgervi.
E potremmo continuare quasi all’infinito con l’enunciazione delle unità di misura.
Ma tutte queste unità di misura ne hanno un’altra che le unifica e le sovrasta: il tempo.
Sono tutte in rapporto con il tempo.
Ed ogni individuo percorre la sua strada come se avesse in tasca una sveglia che da un momento all’altro può suonare dicendoci “Il tempo è finito!”.
E allora giù con la nostra sottounità di misura a riempire la sveglia sino a cercare di non sentirne più il ticchettio!
Tutto un grande affannarsi e un vivere alla fine, al di fuori, sempre più al di fuori di sè.
Anch’io ho fatto così; non si sfugge alla regola dell’unità di misura!
E così io, che potrei definirmi un “realizzativo” (uno dei tipi più pericolosi), ho fatto l’odontoiatra, l’agricoltore, il muratore, il restauratore e tanto altro ancora.
Ma la mia sveglia faceva sempre tic tac.
Allora mi sono un po’ fermato dicendomi “ora mi riposo e magari mi godo la vita”.
Non lo sapevo, ma si trattava solo di aver cambiato unità di misura.
Poi … la pietra che sta lì da milioni di anni, mi ha aiutato a capire.
Lavorando su di essa, che ha un tempo così lungo tanto da sembrare alla nostra mente infinito, ho lavorato su me stesso, sono diventato io stesso vita, senza ansia di finire.
“Io non sono meno di una pietra che non ha una sveglia in tasca”!!
Vivo senza unità di misura e la sveglia in tasca mi sembra di non averla mai avuta. Ho così preso “la via del ritorno”, un ritorno dentro di me, una consapevolezza di fare parte di una storia più grande che si percorre in tanti sensi e dove le convenzioni sono solo convenzioni.
È bastato un atto d’Amore a permettermi di non misurare più.
La mia sveglia è rotta!
Stefano Garrisi